LA NUTRIA - MYOCASTOR COYPUS
L'IUCN - Unione Internazionale per la Conservazione della Natura, nell'agosto 2010 dichiarava che "solo in determinati contesti di origine antropica la nutria può essere concausa di uno squilibrio ambientale il cui motivo va ricercato nelle campagne di abbattimento che sono la principale ragione dell'incremento di questo roditore". Inoltre, sempre l'IUCN, oltre a considerare la nutria in decremento demografico la ritiene "non più specie invasiva in Europa dove, salvo casi particolari, da alcuni anni è considerata fauna naturalizzata che vive in armonia con la natura e la fauna locale". E' possibile che in pochi anni questi concetti si siano capovolti?
Premesso che:
LE BESTIE SIAMO NOI
COSA POSSIAMO IMPARARE DAGLI ANIMALI SUL BENE E SUL MALE
di Jaffrey Moussaieff Masson
Edizioni Sonda
lo scopo di questa relazione è quello di conoscere un animale che non ci aspettiamo, diverso, lontano dagli stereotipi, dai luoghi comuni che tanto piacciono ma che ingabbiano la nostra libertà di pensiero e di giudizio.
Un animale vittima dell'inciviltà, della violenza umana e delle sue comode necessità, tristemente eletto a ruolo di capro espiatorio. Le amministrazioni hanno investito molte energie e molto denaro per organizzare campagne di sterminio, fedeli al concetto espresso dal titolo del libro di J.M. Masson, e lo hanno fatto inutilmente. Le inondazioni continuano puntualmente a ripetersi testimoniando l'evidente inutilità dell'uccisione di migliaia di animali che dovrebbe far inorridire senza riserve.
La nutria ha tutto il diritto di vivere e i disagi che può causare in alcune situazioni sono decisamente minori in confronto a quelli che produce l'uomo quotidianamente nei riguardi della natura.
Occorre lasciare agli animali il loro spazio vitale se vogliamo che non interferiscano con le nostre attività, altrimenti dovremmo procedere con l'eradicazione dell'intera natura e trasferirci poi su un'altro pianeta per ricominciare il ciclo dell'autodistruzione.
Nel passato il rapporto con la natura era molto più ragionevole per la vicinanza e la stretta relazione dell'uomo con l'ambiente. Oggi invece questo rapporto è peggiorato per il grande distacco che si è creato tra l'uomo, prettamente cittadino e gli ecosistemi che sono diventati luoghi da studiare o sfruttare o modificare o invadere, anzichè gli spazi della nostra vita, delle nostre emozioni, orizzonti spirituali che ci tranquillizzano e trasformano l'attimo fuggente in tempo senza tempo.
Siamo solo una specie fra tante. Questa non è casa nostra, non ne siamo padroni, siamo dei semplici ospiti, destinati ad andarcene presto. Purtroppo però sappiamo diventare despoti e distruttori dimenticando la diligenza del "buon padre di famiglia" che il diritto ci suggerisce.
Mentre vivere non è reato, uccidere sì. Se ci assolviamo per legge siamo colpevoli per etica e per giustizia.
I dati esposti sono stati ricavati da documenti di Istituti, ricercatori, esperti che chiunque può consultare.
Chi è la nutria
- La "nutria" (nome che deriva da un errore storico di identificazione con la lontra da parte dei coloni spagnoli che giunsero per la prima volta in Sudamerica) è un castoro sudamericano di palude (detto castorino) di modeste dimensioni, gli esemplari adulti possono raggiungere i 60 cm. di lunghezza coda esclusa e un peso di circa 8-10 kg.
- La nutria appartiene all'ordine dei Roditori (per incompetenza, a causa di questo termine della tassonomia scientifica, viene assimilata a topi e ratti) e alla famiglia dei Myocastoridae. Filogeneticamente e morfologicamente è quindi diversa da topi e ratti ma anche dalla lontra che appartiene all'ordine dei Carnivori e alla famiglia dei Mustelidae.
- E' quindi specie alloctona naturalizzata.
Colpe, favole e menzogne
Grazie ai mass media possiamo leggere amenità varie e immaginifiche espressioni con cui si definiscono difetti e colpe attribuiti alla nutria e che niente hanno a che fare con la sua etologia, morfologia e con altre verità scientifiche ma soltanto con gli interessi, la cultura della violenza e, nel migliore dei casi, con la disinformazione, madre sempre incinta dei pregiudizi.
Per puro divertimento dialettico, eccone soltanto alcune che non esauriscono certamente il fantastico elenco:
- sono pericolose, fanno schifo, sembrano topi giganti, sono dannose, grosse, pelose e con la coda da topo, pericolo per la pubblica incolumità, fanno impressione, situazione ingestibile, ce le troveremo sulla porta di casa, rappresentano una grande criticità, serve una guerra senza quartiere, una chiamata alle armi, occorre abbatterle, sono aggressive, circolano in giardino, tentano di attaccare, hanno denti arancioni, pesante palla al piede, incubo per gli agricoltori, sono poco piacevoli alla vista dei bambini, serve una santa alleanza...
Ancora:
- devastano i raccolti, mangiano tutto, scavano caverne, gallerie, genitori preoccupati per i figli, si riproducono a livello esponenziale, provocano incidenti stradali, figliano 3 volte l'anno (2), hanno una gestazione di 26 giorni (4 mesi), provocano danni alle sponde e agli argini dei corsi d'acqua, inseguono gli assessori, causano alluvioni, sono un problema di igiene pubblica, presidiano i tunnel stradali, sono molto voraci, sono un pericolo per la circolazione stradale, trasmettono le malattie, si evolvono in animali di città, scavano autentiche gallerie, si fanno beffa delle ordinanze, visitano le edicole, mordono i cani, aggrediscono in gruppo, sono responsabili della diffusione di leptospirosi e rabbia, è arrivata dall'Australia, possono uccidere anche l'uomo, ce le ritroviamo morte sotto casa, stanno avanzando dalla campagna verso le zone centrali, abbiamo paura che possano fare del male ai nostri bambini...
Tale caterva di epiteti, diffusi da mass media e istituzioni, incrementando paure e terrore possono anche configurarsi come reato per procurato allarme.
Com'è arrivata in Italia
Non certamente a nuoto.
Fu importata in provincia di Alessandria nel 1928 per l’industria della pelliccia come sono i visoni, ermellini, volpi, conigli d’angora..... Animali selvatici imprigionati in aziende lager, allevati in piccole gabbie dove impazziscono. Infine uccisi con metodi agghiaccianti: nelle camere a gas, con l'elettrocuzione, rottura delle ossa cervicali, asfissia, corrente elettrica, colpo alla nuca, colpo contundente al muso, dispositivi che perforano il cervello, iniezioni letali... La morte lenta e dolorosa non sopraggiunge subito; gli animali lottano fino alla fine, si dibattono, graffiano le pareti per cercare inutilmente una via di fuga.
Ma, le nutrie fortunate (?), al crollo del mercato negli anni ’80, furono liberate per irresponsabilità e illegalità onde evitare il costoso smaltimento delle loro carcasse (C.Soccini e V.Ferri 2001, Roberto Cocchi INFS al Convegno “Fauna selvatica e attività antropiche: una convivenza possibile” Torino - lunedì 3 aprile 2006).
Così, per colpa umana, le nutrie si sono ritrovate libere di sguazzare nei canali, nei piccoli stagni, nei corsi d’acqua nostrani.
Come vive e come si comporta
La nutria in natura ha una vita media di 4-6 anni mentre in cattività raggiunge anche i 18. E’ un'abilissima nuotatrice mentre sulla terraferma è alquanto goffa. Solo se deve fuggire da un pericolo riesce a correre velocemente. Non è un animale erratico, quando esce dalla tana si sposta nell'arco dei primi 5-10 metri dall'argine. Tende ad occupare lo stesso luogo per tutta la vita.
Ha abitudini crepuscolari e una dieta strettamente vegetariana. Predilige le piante acquatiche, erbe, radici, tuberi, frutti, semi e la vegetazione spontanea presente in prossimità degli argini dei corsi d'acqua come trifoglio, tarassaco, ghiande, ecc. Solo se è costretta dalle circostanze tenderà a nutrirsi delle piantine coltivate presenti a pochi metri dall'argine.
La sua indole è estremamente docile, timorosa e pacifica, amichevole, assolutamente non aggressiva, tanto da essere diventata un pet, animale da compagnia, affettuoso e interattivo. Dapprima negli Stati Uniti (Ferri & Soccini 2001 – Reggiano et al. 1995) ma poi anche in Italia. E' quindi un animale sociale, pulito e intelligente.
Possiede un olfatto e un udito eccellenti ma vista debole e ciò rende la nutria diffidente e timorosa. Soltanto se provocata la nutria reagisce, soprattutto quando deve difendere i suoi cuccioli; allo stesso modo di un cane e un gatto che noi non temiamo perchè li conosciamo, ai quali siamo abituati ma dai quali riceveremmo maggiori danni essendo predatori e non prede.
La mancanza di conoscenza, la superficialità delle osservazioni e dei giudizi, l'interpretazione erronea di alcuni aspetti etologici (del comportamento) inducono alla paura e facilitano condotte irrazionali se non interessate.
La nutria non morde l'uomo nè gli altri animali, anzi sono i cani che attaccano le nutrie in quanto prede e, in quanto tali hanno, come prima arma di difesa, la fuga. Se questa non è possibile assumono diversi atteggiamenti di salvaguardia che configurano il comportamento naturale insito in tutti gli animali, uomo compreso; soprattutto se gli amministratori comunali, protetti da imbragatura e assi di legno, ispezionano la tana. In questo caso la nutria affronta il provocatore soffiando, inarcando la schiena, mostrando i denti e tentando di mordere. Il suo istinto la spinge a restare vicino alla sua tana e all'acqua quale elemento congeniale nel quale fuggire e rifugiarsi.
La nutria non è un animale "fossorio" obbligato, è costretta a scavare la propria tana solo se le condizioni del territorio sono insufficienti a procurare all'animale il necessario riparo per sopravvivere alle condizioni climatiche e ripararsi dai predatori. Ciò avviene quando si verifica un eccessivo diserbo degli argini e una mancanza di piantumazione delle sponde. La nutria tende a occupare la stessa tana per tutta la vita e a occupare tane già esistenti di altri animali. E’ costretta a scavare una nuova tana solo quando è indotta dall'essere umano ad allontanarsi.
La nutria raggiunge la maturità sessuale a 4-6 mesi e, dopo una lunga gravidanza di 4 mesi, partorisce due volte all'anno una media di 4-6 cuccioli. Gli inverni rigidi e le estati siccitose ne limitano drasticamente il numero (De Ciechi & Prigioni, 1997 – Soccini & Ferri 2001) inoltre i piccoli e i giovani vengono predati da carnivori quali mustelidi, volpi, cani randagi, lupi, rapaci, siluri, lucci e perfino aironi (Soccini & Ferri 2001 – Venturini & Cassotta). Tra le primipare si ha un alto tasso di aborti e la mortalità infantile, dopo la nascita, è molto alta, sia per il freddo invernale che per la facile predazione. Inoltre, quando le risorse territoriali o alimentare scarseggiano, le cucciolate diminuiscono drasticamente di numero in base alla legge biologica della capacità portante.
La nutria quindi è capace di autoregolarsi e ciò è dimostrato dal fatto che in zone dove sono presenti nutrie ma assenti gli uomini, il problema non sussiste. Questo perchè l'ambiente sano e naturale è in grado di permettere il raggiungimento del giusto e duraturo equilibrio. Ciò vale per tutti gli esseri viventi.
In inverno le nutrie tendono ad andare in letargo (torpore) a seconda delle risorse trofiche (alimentari) e delle temperature. Il freddo invernale è letale non solo per i cuccioli, ma anche per i maschi erranti rappresentando un ulteriore sistema naturale per il controllo della popolazione.
La nutria vive in armonia con l'avifauna locale come gallinelle d'acqua, germani reali, oche.......e tutte le ricerche hanno rilevato che il disturbo arrecato da questo animale agli uccelli presenti (come il calpestio accidentale delle uova) è insignificante e di gran lunga inferiore a quello arrecato da agricoltori, cacciatori, pescatori, gitanti.
Nel 2010 l'IUCN (International Union for Conservation of Nature) ha stabilito che la nutria non rappresenta più un problema e difatti la popolazione globale di castorino è in decremento. Perché, a distanza di soli sei anni d’improvviso, diventa un problema?
Censimento
A tutt'oggi non esiste nessun metodo attendibile di stima. In ambiente naturale il numero degli esemplari è in equilibrio con gli ecosistemi in cui si trovano, solo dove vengono effettuati gli abbattimenti e dove l'uomo ha già degradato l'ambiente (argini diserbati, cattiva manutenzione e gestione dei fondi agricoli, mancanza delle misure di prevenzione, ecc.) si hanno degli impatti che, comunque, sono minimi e localizzati. Come i dati scientifici dimostrano.
Alcuni amministratori sono capaci di ammettere che non esiste un quadro preciso sulle popolazioni di nutrie presenti nel loro territorio. Mancano inoltre e soprattutto, i dati sui danni prodotti; esistono sentori, opinioni, supposizioni….ma non dati. La fantasia (e non solo) galoppa.
la Lega in Veneto ha presentato un'interrogazione per chiedere un monitoraggio urgente. Quindi non sappiamo.
Secondo l'università di Pavia bisognerebbe riuscire a eliminare più di 1.400.000 esemplari per risolvere il problema. Condizionale, perché?
I tecnici del Consorzio di bonifica Adige Euganeo mentre parlano di qualche decina di migliaia di esemplari nello stesso tempo dichiarano che fare una stima della presenza del roditore è un'impresa ardua.
A febbraio 2016 gli agricoltori di Coldiretti Padova hanno riferito di uno studio in vaste aree della pianura padana che attesta almeno una nutria ogni 10 abitanti ma, in certe province, addirittura 1 ogni due abitanti.
Il censimento a maggior carattere scientifico, sempre che tale si possa definire, è quello di un sindaco che ha attivato il controllo comunale delle nutrie chiedendo ai cittadini di "segnalare situazioni di presenza di esemplari della specie telefonando o scrivendo all'area tecnica del comune specificando la località di avvistamento e il nominativo del segnalante".
Da una raccolta dati effettuata dalla Provincia di Firenze durante gli anni dal 2007 al 2009, i reclami per danni sia all'agricoltura che agli argini che di altro tipo, sono stati effettuati per il 40% da cacciatori e per il 31% da agricoltori. Domandiamo: che interesse hanno i cacciatori a dichiarare danni? E quali danni dichiarano? Forse quelli di non poter uccidere quell'ulteriore preda rappresentata dalla nutria?
Per concludere, la maggior parte delle segnalazioni sono generiche, fantasiose, sommarie. Si parla di lamentele di agricoltori senza specifici elementi di prova.
Problemi igienico sanitari
I problemi igienico sanitari sono uno dei pilastri su cui si regge la schiera dei detrattori della nutria. Nessuno di quelli che li ostentano è un esperto conoscitore di questo animale (chimico, biologo, ricercatore……) ma importante è gettare fango sulle nutrie e infondere paura nelle persone. E’ un gioco, un bel divertimento.
Un sindaco del Veneto asserisce che "le nutrie sarebbero veicolo di malattie gravi, leptospirosi e altre terribili infezioni". Un altro addirittura asserisce che possono trasmettere epidemie, infezioni tetaniche, rabbia. “Possono uccidere anche l’uomo e un morso all’arteria femorale sarebbe fatale (anche se a memoria d’uomo non se ne sono verificati)”.
Ma, scientificamente parlando, il presupposto serbatoio epidemico delle nutrie è risibile rispetto a quello di altri animali introdotti per l’attività venatoria come: cinghiali (alloctoni e ibridi), silvilaghi (alloctoni importati dal Nordamerica ), lepri… La nutria non rappresenta pertanto alcun pericolo dal punto di vista igienico sanitario nè ha un particolare ruolo nella trasmissione e diffusione di malattie (Wildlife Disease Association, 1998, Scaravelli & Martignoni, 2000; IZP Brescia, 2000; Cocchi & Riga, 2001).
Gli Istituti Zooprofilattici hanno evidenziato più volte, da analisi effettuate su carcasse di nutria, che l'animale non rappresenta alcun genere di pericolo e una bassissima frequenza di positività a forme di leptospirosi (Soccini & Ferri 2001, Venturini & Cassotta) tutt'al più paragonabile a quella normalmente riscontrabile in altri animali selvatici presenti nei medesimi territori. La presenza di anticorpi per Leptospira è un referto frequente negli animali selvatici sani e non è sinonimo di leptospirosi nè di rischio di trasmissione della malattia.
Quindi le percentuali anticorpali alla leptospirosi (tanto sbandierata dai pifferai magici) sono paragonabili a quelle presenti nella fauna selvatica e nell'ambiente e non rappresentano alcun pericolo per la salute sia umana che animale. Non esistono infatti casi documentati di malattie che siano state trasmesse dalla nutria all'uomo o agli animali domestici (Roberto Cocchi INFS al Convegno “Fauna selvatica e attività antropiche: una convivenza possibile” Torino - lunedì 3 aprile 2006).
Lo stesso ISPRA/INFS con Prot. 3502/T-a24 punto 6.2.4 11.07.2000, ricorda che la pericolosità igienico sanitaria “è tutta da comprovare”.
Comunque, sempre da fonte ISPRA, le stesse immissioni faunistiche a scopo venatorio costituiscono una tra le principali cause di diffusione di patologie.
Il Parco del Mincio sul suo sito attesta che “se si esclude la possibilità, non ancora dimostrata, di trasmissione di malattie, l’animale non è pericoloso per l’uomo..”. Vedi anche sito del Parco Oglio Sud.
In conclusione ciò che dicono le associazioni di categoria (Coldiretti, ecc.) non ha rilevanza scientifica, anzi........Si affronta la scienza con ipotesi, opinioni, supposizioni, analogie, mancanza di riscontro come si può leggere in un quotidiano del Veneto: "Le nutrie possono trasmettere malattie, si sa ben poco dei rischi che può provocare alla salute umana. In ogni caso, ragionando per analogia si presume possa essere veicolo di leptospirosi e di infezioni, comprese quelle tetaniche. Insomma da una nutria si può prendere anche il tetano per non parlare della febbre da campo che nei casi più gravi può trasformarsi perfino in meningite". Praticamente: Chi più ne ha più ne metta!
In Lombardia è stata decretata l'eradicazione della nutria dal 1993, ordinanze sindacali allora ritenute illegali dall'ISPRA che ricordava come i sindaci non potessero intervenire con tali rimedi se non fosse stato comprovato l'urgente pericolo socio-sanitario. "Cosa ancora tutta da comprovare per la nutria" come recita il testo già citato prot. 3502/T-A24 punto 6..4 11.07.2000 Buddy J. Belushi.
Danni agli argini dei corsi d’acqua
Non si è mai letto che l’alluvione di Firenze fosse stata causata dalle nutrie. E neppure quella del Veneto, di Genova di Aulla...
Diversi sono gli animali che interagiscono con gli argini ma le eventuali ipotetiche conseguenze che costoro possono causare a livello infrastrutturale sono appunto “conseguenze” di una situazione precaria e allarmante che l'uomo ha causato. Ogni volta infatti che si verificano piogge intense, smottamenti, frane, esondazioni, allagamenti si urla al dissesto idrogeologico. Ma poi?
Si interviene o si smette semplicemente di urlare? Oppure, come in una favola, appena smesso di urlare si crea il capro espiatorio?
Si incolpa la Nutria di provocare danni alla stabilità degli argini per la sua attività di scavo delle tane ma questi animali non scavano tane profonde come i conigli o i tassi (Soccini & Ferri 2001 Centro Studi Arcadia). Le coppie scavano tane lunghe circa 1 mt e larghe 60 cm, le femmine circa 2 mt con l’entrata a pelo d’acqua. Generalmente sono monocunicolari e solo in casi particolari la lunghezza può arrivare a 5 mt e le tane presentare più cunicoli ma ciò è favorito dall'attività venatoria e dai piani di abbattimento che comportando uno stress aumentano il tasso riproduttivo. Ciò spiega anche il motivo per cui come ogni anno, nei medesimi luoghi, vengono catturati sempre più esemplari. Sono dati e informazioni che il Ministero dell'Ambiente divulga e quindi conosce e che le Amministrazioni locali non hanno mai inteso recepire.
Quindi, i ripetuti scavi lungo le sponde dei corsi d’acqua sono motivati dal fatto che gli animali vengono continuamente scacciati. Le tane scavate negli argini possono creare dissesti solo qualora sia stata rimossa la vegetazione arborea e arbustiva ripariale e quindi risultano una concausa. Infatti le radici di alberi e cespugli che crescono sulle rive di canali e corpi acquatici disturbano lo scavo del roditore che predilige le sponde spoglie. La dissennata abitudine di tagliare a raso le siepi e la vegetazione naturale ha favorito in realtà, la diffusione della nutria.
Le sponde risultano del tutto spoglie a causa di pratiche diserbanti intensive che eliminano ogni traccia di vegetazione naturale.
Inoltre le strade sterrate lungo gli argini dove passavano pochi veicoli, sono state asfaltate e presentano crepe. Tutto ciò comporta debolezza delle strutture e quindi facili cedimenti.
Nel 2010 a seguito dell'alluvione che ha colpito il Veneto e che l'Agenzia Regionale per la Prevenzione e Protezione Ambientale del Veneto ha classificato come uno tra i 2-3 eventi più intensi ed abbondanti degli ultimi 50 anni, la Regione, invece di avviare lavori di riparazione del dissesto idrogeologico, ha preferito fare un regalo ai cacciatori proponendo la spesa di 750.000 euro per favorire la caccia alle nutrie.
A Sinalunga invece, provincia di Siena, durante la bonifica avvenuta molti anni fa, fu rialzato il letto del fiume e creato argini artificiali per cui anche l'uomo potrebbe avere avuto la sua parte di responsabilità nel dissesto idrogeologico. Sono stati incolpati invece gli istrici e le solite nutrie. Comunque a Sinalunga, a prescindere dalle nutrie, insieme ad altri lavori di consolidamento, si è provveduto con una spesa di 500.000 euro a realizzare un diaframma che offrisse garanzie certe di tenuta per il futuro.
Da tener presente che dare la colpa alle nutrie è il modo di evitare di accollarsi responsabilità per interventi propriamente umani a seguito di contenziosi per risarcimenti.
Danni all’agricoltura
La nutria è specie fortemente acquatica.
Questi animali non devastano i raccolti, mantengono sano l'ambiente e l'ecosistema in cui vivono. Favoriscono la colonizzazione di nuove essenze vegetali lungo i corsi d'acqua e mantengono l'acqua pulita permettendo ai pesci e anfibi (ma anche a uccelli, rettili, invertebrati e mammiferi) di vivere e riprodursi.
Dire che mangiano tutto è un'amenità che nessun biologo oserebbe affermare.
I danni che può provocare all'agricoltura sono marginali in quanto la nutria non pascola lontano dall’acqua e non si addentra mai nei campi coltivati (cereali e barbabietole) per molti metri (5-10 metri dal lato a contatto con l’acqua). In particolare d’inverno e quando le sponde sono spoglie.
Lasciando queste zone incolte si possono evitare tali danni ma poichè anche le colture agricole sono votate alla produzione industriale si sfrutta il centimetro per occupare sempre più terreno e sempre più intensivamente.
La Coldiretti nel 2012 ha fornito stime tali che denunciano, non le nutrie, ma il clima e la geo-ingegneria ovvero la modificazione climatica attuata dai governi per evitare le precipitazioni oppure, viceversa, per concentrare forti perturbazioni in un brve lasso di spazio e di tempo. Nel 2016 invece Coldiretti ha cambiato parere e, in 4 anni, le nutrie da fantasmi si sono trasformate in cattedrali mentre dal precedente silenzio spunta il grido: bisogna fermarle!
Gli impatti paventati sull’agricoltura sono minimi e consultando i dati ufficiali relativi alla percentuale di indennizzi per danni da fauna selvatica ripartiti per specie, si verifica che a livello nazionale la nutria influisce per un 5% sui costi erogati per indennizzare i danni, lepre e fagiano per il 15%, i cinghiali per il 40%. Come dire che gli animali finora immessi per l'attività venatoria sono i veri responsabili dello squilibrio ecologico e dei conseguenti danni all'agricoltura soprattutto quando non si ricorre ai metodi ecologici di controllo. E, anche in questo caso occorrerebbe verificarne le responsabilità.
Soltanto ora, dopo decenni di privilegi concessi ai cacciatori, esborsi per danni all’agricoltura, centinaia di vittime umane e milioni di animali uccisi, ma finalmente, la legge 221/15 - collegato ambientale della legge di stabilità 2016 - vieta il ripopolamento e il foraggiamento dei cinghiali.
Minaccia alla biodiversità
La nutria ha occupato con successo le nicchie ecologiche lasciate vuote da altri animali, non interferisce con l'ecosistema della nostra campagna perchè non ha concorrenti. Il rischio di competizione tra la nutria (erbivora) e la lontra (carnivora), ammesso e non concesso che questa sia ancora presente in Italia, è inesistente in quanto i due animali occupano nicchie trofiche opposte (C.Soccini e V.Ferri 2001).
Tutte le ricerche eco etologiche hanno rivelato che il disturbo arrecato dalla nutria alla nidificazione dell’avifauna è insignificante e di gran lunga inferiore a quello arrecato dalla pressione antropica (agricoltori, cacciatori, pescatori, gitanti…..) (C.Soccini e V. Ferri), inoltre dalla campagna di cattura all’Oasi WWF di Gabbianello (Barberino di Mugello FI) risulta che “il disturbo all’avifauna presente è risultato estremamente contenuto” (Inghilesi, Cannicci, Martini, Dal Prà, Corrias & Berzi).
Il responsabile dei danni alla biodiversità è in realtà l'uomo (intenzionalmente o non), artefice dei cambiamenti climatici, del riscaldamento del pianeta, dell’inquinamento e avvelenamento del suole delle acque, dell’uccisione e infine della globalizzazione e conseguente traffico e invasione di specie.
Il Regolamento UE 1143/2014 impone ai paesi membri di prevenire le introduzioni e procedere alla rimozione delle specie che causano maggiori effetti negativi ed effettuare interventi di controllo. Tra queste specie è compresa stranamente la nutria che però non danneggia la biodiversità avendo occupato la nicchia ecologica lasciata libera dalla lontra quasi estinta (200-300 individui) e dal castoro europeo scomparso dall’Italia fin dal 1600 a seguito di una caccia indiscriminata.
Incidenti stradali
Secondo le indagini del Corpo Forestale dello Stato le nutrie non sono causa di incidenti stradali e comunque è l’automobilista ad essere sempre colpevole nel caso di investimento e dovrebbe egli stesso occuparsi per legge (comma 9-bis dell'art. 189 del Codice della Strada) del soccorso della fauna selvatica investita.
Un tempo le strade erano sterrate e adibite come oggi per il passaggio di mezzi pesanti (carrozze, carri, trattori, ecc.). Ma queste strade e stradine erano state pensate proprio per un traffico assai residuo, giusto il tempo di qualche decina di passaggi al giorno e nemmeno per tutti i giorni ma in base a determinati periodi.
Oggi invece queste strade adibite ad uso agricolo sono state aperte al traffico cittadino e presentano non pochi problemi di stabilità strutturale in quanto erano state concepite in modo diametralmente opposto alle esigenze odierne.
A questo si aggiunga l’incuria del fondo, la mancata pulizia degli argini, l'inadempienza dei consorzi di bonifica, la superficialità dei tecnici e queste strade di campagna, per il solo fatto di avere un corso d'acqua presso il ciglio che ne pregiudica la stabilità, diventano fragili e particolarmente colpite dal dissesto idrogeologico. I nostri terreni infatti sono geologicamente alluvionali e gli eventi naturali modellano incessantemente queste infrastrutture. Inoltre mentre lo sterrato favorisce un minimo di assorbimento dell'acqua piovana l'asfalto ne provoca un più veloce scivolamento aumentando la velocità di erosione e non dell'asfalto ma dei margini stradali.
L'asfalto inoltre soffoca la terra sottostante e ne pregiudica la stabilità. Le pozzanghere che si formano impiegano più tempo ad asciugarsi e l'acqua può potenziare la sua attività erosiva creando buche e crepe. Le "zolle" di asfalto pesano molto di più della terra nuda e comportano la deformazione del tratto di strada su cui sono presenti. Inoltre l'acqua piovana o l’umidità che si ferma tra le porosità dell'asfalto risente degli sbalzi di temperatura sia giornalieri che stagionali e ciò provoca inevitabilmente fratture e smottamenti naturali dell'asfalto stesso. Il tempo e le leggi della fisica fanno il resto portando alla formazione di fratture, favorendo smottamenti, crolli e incidenti non previsti.
Sulle strade non ci sono solo nutrie investite ma anche una marea di altri animali come ricci, conigli, uccelli, rettili, caprioli, ecc. Oltre a persone. Purtroppo.
Eradicazione
E’ veramente curioso leggere su una legge italiana la parola eradicazione quando questa è ritenuta di fatto impossibile in un territorio senza barriere invalicabili (Soccini & Ferri – IUCN). L'eradicazione di una specie da un territorio vasto e senza barriere invalicabili risulta infatti un tentativo vano (IUCN).
Non soltanto, ma le politiche pluridecennali di uccisione per raggiungere l'eradicazione, non hanno dato alcun risultato se non quello di regalare a un animale docile e innocente, sofferenze atroci.
Inoltre, secondo lUCN gli interventi di eradicazione sperimentati, assieme all'attività venatoria e alle introduzioni illegali perpetrate proprio da alcuni cacciatori, hanno aumentato in modo spropositato il numero di esemplari.
Anche a detta dell'ISPRA, in particolare nella pianura padana, l'eradicazione della nutria è impossibile a causa del vasto numero di canali d'acqua presenti. Anzi, l'abbattimento in questi casi favorisce il tasso di natalità ed immigrazione. Non solo, la d.ssa Marchetti della facoltà di veterinaria di Parma, esperta di questi animali, dice chiaramente che eradicare la nutria è impossibile e che gli abbattimenti non fanno altro che incentivarne una maggiore proliferazione come constatato da studi scientifici riportati dai rapporti dell'ISPRA.
Dello stesso parere il Ministero dell’Ambiente.
Anche i tentativi di rimozione parziale hanno dato scarsi risultati (Velatta e Ragni 1991, Velatta 1994, Veronese 1997, Tocchetto 1997). Basti pensare che, dopo almeno 20 anni di abbattimenti, il numero delle nutrie non sia calato ma, anzi, aumentato. Anche la spesa è aumentata e nonostante le nutrie siano maggiormente presenti, i danni all'agricoltura sono calati. Dati pubblici e scientifici (MI.FA).
Gli interventi di rimozione parziale rischiano piuttosto di destrutturare le popolazioni inducendo sostanziali alterazioni a livello demografico e creando le condizioni per un successivo incremento della capacità di crescita.
Tali processi appaiono tutt'altro che risolutivi rischiando, in una prospettiva di medio termine, di creare più problemi di quanti ne risolvano e di fungere da volano biologico all'incremento del tasso di crescita delle popolazioni (Cocchi e Riga 2991).
Da considerare anche i tentativi infruttuosi dei Paesi di introduzione (Cocchi e Riga 2001).
Soltanto in Gran Bretagna, essendo un'isola e non avendo il reticolo idrico delle nostre zone, le colonie di nutrie erano facilmente isolabili e presenti in corpi idrici non sempre comunicanti. In questo Paese si è intervenuti in fretta con un modesto dispiegamento di risorse sia umane che economiche. L'eradicazione quindi è stata possibile per: tempestività dell'azione, popolazioni isolate, serie consecutiva di inverni molto freddi, divieto di caccia tutto l'anno per non diffondere le nutrie in maniera capillare.
A fronte delle azioni di controllo numerico della nutria “i danni continuano a crescere nonostante lo sforzo profuso” (R. Cocchi INFS al Convegno “Fauna selvatica e attività antropiche: una convivenza possibile” Torino - lunedì 3 aprile 2006). Gli enti locali hanno investito molte energie e molto denaro per organizzare campagne di sterminio fino a che l'obiettivo di eradicarle è apparso irrealizzabile.
Nonostante quindi le continue stragi, tali azioni sono risultate tutt'altro che risolutive visto che se ne chiede ora l’eradicazione, mentre si rischia, in una prospettiva di medio termine, di creare più problemi di quanti se ne possano risolvere fungendo da volano biologico all'incremento del tasso di crescita delle popolazioni (Cocchi e Riga 2001).
E ancora, tentativi di abbattimento della nutria hanno dato scarsi risultati: (Velatta e Ragni 1991, Velatta 1994, Veronese 1997, Tocchetto 1997).
Legislazione
La legge 157/92 che tutela le specie animali in “stato di naturale liberta”, inseriva la nutria tra la fauna selvatica italiana (vedi anche INFS prot. 4020/t-A23 15.11.1999). La stessa legge la escludeva dalle specie cacciabili.
Successivamente, il D.L. 91/14 convertito in legge, ha sottratto la nutria alla protezione della legge 157/92 e, modificando il suo status in animale nocivo alla stregua di animali infestanti e dannosi, per la sua uccisione ha consentito l’utilizzo di “tutti gli strumenti impiegati per le specie nocive”. Ciò, nonostante l'IUCN avesse dichiarato nel 2010 che la nutria non rappresentava più un problema perché la popolazione globale di castorini era in decremento.
Quando sono stati fatti ricorsi contro l'uccisione delle nutrie, i giudici hanno decretato l'annullamento delle ordinanze dei comuni in quanto "Il provvedimento è carente, non sarebbe stata effettuata alcuna effettiva ponderazione in ordine al quantitativo di nutrie che si renda necessario abbattere al fine di realizzare un corretto piano di contenimento del numero di animali di tale specie" e "non sarebbe stato evidenziato alcun elemento fattuale concreto comprovante il fatto che la presenza di nutrie nel territorio comunale possa determinare situazioni di potenziale pericolo per cose e persone" inoltre "non risulta accertata alcuna situazione eccezionale o imprevedibile che possa giustificare l'intervento del sindaco a tutela della salute pubblica".
Ogni sorta di sofferenza è stata quindi inferta a questi animali, in barba alla legge 189/2004 contro il maltrattamento.
Anche se le disposizioni di tale legge non si applicano alle leggi speciali, quando il comportamento esulando dalle norme delle leggi speciali "cagiona una lesione ad un animale ovvero lo sottopone a sevizie o a comportamenti o a fatiche o a lavori insopportabili per le sue caratteristiche etologiche" produce maltrattamento, ne consegue un reato penale.
Infine la legge 221 del 28 dicembre 2015, collegato ambientale della legge di stabilità 2016, all'art. 7 comma 5 lettera a) sostituisce l'art. 2 comma 2 della legge 157/92 con il seguente: "Le norme della presente legge non si applicano alle talpe, ai ratti, ai topi propriamente detti, alle nutrie, alle arvicole. In ogni caso, per le specie alloctone,....la gestione è finalizzata all'eradicazione o comunque al controllo delle popolazioni". Ancora: "gli interventi di controllo o eradicazione sono realizzati come disposto dall'art. 19" ovvero privilegiando i metodi ecologici. Quindi obbliga all'applicazione in via prioritaria dei metodi ecologici (non cruenti) per il controllo demografico. Tali metodi devono essere proposti dall'ISPRA che deve anche procedere ad una valutazione sui risultati da essi prodotti, caso per caso. Solo se i risultati non fossero raggiunti si dovrà procedere agli abbattimenti.
Questa legge elimina i comuni dalla gestione del controllo delle nutrie i quali dovranno ritirare tutte le ordinanze finora emesse, ormai illegittime. Subentrano regioni e province.
La vicenda giuridica della nutria (selvatica, protetta, alloctona, naturalizzata, nociva, invasiva ....) attesta quanto siano labili le definizioni umane, sia etiche che scientifiche e quanto gli interessi di particolari gruppi abbiano la meglio sull'intera cittadinanza che pretenderebbe fosse rispettato l’aspetto scientifico ed ecologico non violento. Cambiano le parole e un essere vivente da protetto si trasforma in condannato a morte.
Metodi cruenti e illegali utilizzati
Secondo analisi di Istituti Zooprofilattici si è dimostrato scientificamente che gli abbattimenti sono inutili, dispendiosi, anti-etici, anti-ecologici e non risolvono affatto il problema della sovrappopolazione, anzi, lo amplificano perchè, sempre in base alla legge biologica della capacità portante che regola le popolazioni di fauna selvatica, aumenta IL numero dei nati per parto e il tasso di immigrazione.
Nel 1994 il Parco del Mincio (responsabile scientifico il biologo Cesare Martignoni – vedi sito del Parco) ha effettuato il primo intervento di controllo in Italia per mezzo di trappolaggio (costi elevati) e soppressione con cloroformio. Succedeva però che, per abbreviare i tempi, l’animale venisse spesso colpito alla nuca. Lo smaltimento delle carcasse (rifiuti di origine animale ad alto rischio) avveniva in impianti autorizzati.
Tale progetto, che ha costituito il modello per gli interventi successivi, è risultato comunque “sicuramente oneroso” (C. Martignoni) senza considerare che nelle trappole restavano altri animali, anche di specie protette (in questo caso era possibile chiedere la sospensione per violazione delle norme vigenti).
Da considerare inoltre gli animali irregolarmente raccolti e irregolarmente smaltiti e la loro atroce sofferenza durante la cattura riconducibile al maltrattamento di cui alla legge 189/2004.
Secondo piani disomogenei e in funzione della maggiore o minore sensibilità alla sofferenza degli animali sono stati usati vari metodi dolorosi e violenti. Soprattutto quelli di alcune amministrazioni comunali e regionali che hanno autorizzato vere e proprie mattanze.
La nutria è stata uccisa con ogni mezzo provocando a questi docili e pacifici animali grandi e ingiustificate sofferenze e conferendo agli autori di tanta violenza il giusto epiteto di carnefici.
Il fucile non è un metodo, anche se è stato usato, e pervicacemente riproposto anche al di fuori del calendario venatorio, ma una vera e provata scempiaggine. Gli individui colpiti vanno incontro ad una morte lenta e dolorosa.
Si crea inoltre un forte impatto ambientale con pesanti ripercussioni sulla conservazione della biodiversità. Si diffonde piombo, veleno terribile, messo al bando dalla Conferenza di Quito e che dovrà sparire a livello internazionale entro il 2017. Lo sparo è stato fortemente sconsigliato dallo stesso Ministero dell'Ambiente. Inutilmente.
Riepilogando. Fucilate, annegate, bastonate, avvelenate, gassate. Prese a badilate. Gli strumenti più usati sono stati la cattura con le gabbie trappola e i gassificatori. I campi di sterminio insegnano. Ma anche Fucili, balestre e carabine ad aria compressa.
“Tra la cattura nella gabbia trappola e la soppressione deve intercorrere il minor tempo possibile, il controllo della gabbia deve essere fatto almeno una volta al giorno e la soppressione deve essere il più possibile eutanasica” scrivono le ordinanze. Ma quanto tempo passerà tra quella gabbia, la soppressione e la morte?
I gas per l'uccisione sono sostanze pericolose da immagazzinare, le trappole costose da acquistare e, problema fondamentale, i costi non indifferenti per lo smaltimento delle carcasse negli inceneritori da allestire. Occorre provvedere a tutto il processo della raccolta dei cadaveri, del loro trasporto e dello smaltimento delle scorie.
Lo smaltimento delle carcasse poteva avvenire anche sul posto mediante incenerimento e successivo interramento in luoghi limitrofi. Oppure le nutrie potevano essere seppellite sul posto.
I tentativi di abbattimento della nutria hanno dato scarsi risultati (Velatta e Ragni 1991, Velatta 1994, Veronese 1997, Tocchetto 1997). Quando si è trattato poi di usare l'astuzia per raggiungere risultati dieci volte superiori a quelli consueti, si sono cercate le ore migliori per sparare, ovvero quelle notturne, attrezzati di fari per individuare la posizione degli animali.
Sono stati previsti anche corsi di addestramento per il personale volontario, per lo più cacciatori.
Da ricordare che esiste un forte commercio al nero tra coloro che sono preposti all'abbattimento delle nutrie e la domanda del mercato estero delle pellicce e della carne, sia per farine (pellets) che per ristoranti italiani e stranieri.
Metodi incruenti ed ecologici
Molte sono le soluzioni non cruente ed ecologiche che permettono di far fronte agli eventuali danni marginali che la nutria dovesse provocare. Gli studi scientifici hanno dimostrato la fattibilità, l'efficacia dei metodi e la conclusione positiva dei problemi da risolvere.
Non ci risulta, peraltro, che tali soluzioni siano state pianificate in modo razionale su vasta scala.
I metodi in questione sono vari e in sintesi: la dissuasione fisica/meccanica, acustica, la sterilizzazione, l'ingegneria ambientale.
In generale questi metodi vengono affiancati dalla valorizzazione ambientale perché un ambiente sano, gli argini piantumati, la presenza di fasce boscate, di tratti incolti, ecc. consente di mitigare efficacemente gli impatti sia sull'attività agricola che sulle infrastrutture.
L'unica cosa da non fare è proprio quella di uccidere le nutrie perchè la loro ecologia riproduttiva fa sì che più individui si abbattono più esemplari della stessa specie nasceranno per ristabilire l'equilibrio demografico. Si chiama “Legge della capacità portante”.
Per eccellenza, il sistema naturale di predazione della nutria sarebbe quello di lasciare libera la volpe di cacciare. Questo animale è il predatore naturale della nutria ma, poichè serve ai cacciatori ai quali contende lepri e fagiani, la volpe va a far parte del carniere venatorio. Campagne di uccisione di volpi e di volpi con cuccioli in tana particolarmente crudeli, sono state lanciate recentemente da molte province italiane.
Quindi quando si tratta di lasciare viva la volpe a predare le nutrie (predazioni di cui esistono foto di Aldo Tonelli LIPU e Luca Iancer) i cacciatori fanno finta di non sentire e, come di consueto, si inventano il solito mantra: la volpe fa danni, deve morire. La nutria fa danni, deve morire. Gli animali fanno danni devono morire.
Un animale per non fare danni dovrebbe stabilirsi su un altro pianeta.
Nel 2013 l'Unione Veneta Bonifiche ha enunciato le 7 regole antiallagamenti, per una nuova cultura di gestione del territorio e, consultandole, come si può notare, le nutrie non sono neppure citate.
Le 7 regole sono:
- fermare l'urbanizzazione non governata
- rispetto assoluto dei pareri di compatibilità idraulica sulle nuove urbanizzazioni
- perseguire accordi e convenzioni con i comuni anche con il superamento del patto di stabilità
- ricreare l'invarianza idraulica delle aree già edificate
- recuperare gli scoli nelle aree residenziali private
- recuperare la capacità di invaso con la pulizia di tutti i fossi e le scoline private nelle campagne
- estendere a tutto il Veneto il piano delle acque
“L’adozione di efficaci misure di prevenzione dei danni volte ad anticipare l’evento dannoso deve rivestire un ruolo prioritario” e “la prevenzione può profilarsi vincente anche sotto il profilo economico” (Roberto Cocchi INFS 2006).
L’ENEA ha avviato il progetto NEEMCONTROL sugli estratti dell’albero del Neem anche in campo veterinario con risultati molto interessanti per “gli effetti antifertili nei confronti delle specie la cui riproduzioni incontrollata rappresenta un problema” (Fiorella Carnevali responsabile scientifica ENEA). Aspettano i finanziamenti per continuare.
Tra le misure di prevenzione potrebbero rivestire anche particolare interesse le pratiche di sterilizzazione già sperimentate nel comune di Buccinasco dal biologo castorologo Samuele Venturini. Tale metodo intervenendo sulla natalità e non sulla mortalità è il più efficace e il meno oneroso. Come si fa con i gatti, le nutrie vengono catturate, portate dal veterinario, sterilizzate, microcippate e poi reimmesse nel loro habitat. Queste operazioni non le stressano, riprendono tranquillamente la loro vita ma senza riprodursi. I soggetti sterilizzati restano territoriali e, competendo per il cibo e gli spazi con gli individui fertili li tengono lontani, impediscono fenomeni di immigrazione e riducono il tasso riproduttivo della colonia.
Il metodo ha avuto successo, è risultato economico e i risultati sono stati efficaci e risolutivi. La stessa ISPRA e la Regione Lombardia hanno concesso la proroga per proseguire l'ampliamento della sperimentazione. Naturalmente soltanto gli addetti alle associazioni venatorie, per chiari interessi di categoria e con la solita irrazionalità e incompetenza, hanno diffamato e calunniato sia i preposti alla sperimentazione sia i ricercatori e studiosi. Anzi, nel 2014, visto il successo e la validità scientifica del metodo Venturini, oltre a Lombardia, altre Regioni sono state coinvolte: Piemonte, Veneto, Emilia Romagna, Toscana.
Sono stati messi a punto sistemi di protezione meccanica degli argini, piantumazione (ingegneria naturalistica) per evitare l'attività di scavo delle nutrie. Si tratta di reti composite che vengono stese al suolo e coprono sia la parete immersa dell'argine che la sua parte sommitale. Dopo poche settimane la rete viene perfettamente inglobata nella parte più profonda del manto erboso e dura diverse decine di anni permettendo di ammortizzare il rilevante costo iniziale (Riga e Cocchi 2001). Permette poi la crescita attraverso le maglie delle specie arboree e arbustive spontanee non più disturbate. Le nutrie non scavano le loro gallerie laddove la sponda è rimasta coperta da alberi e arbusti perchè disturbate dall'apparato radicale delle piante e anche la rete le disturba. Gli apparati radicali inseriti nella rete e non asportabili continuerebbero a trattenere le sponde evitando i fenomeni di smottamento oggi imputati assurdamente alle nutrie invece che all'eliminazione delle siepi ripariali. Vedi http://www.abolizionecaccia.it/uploads/tx_lac/A5_Nutria.pdf
Le recinzioni elettrificate sono costituite da un filo elettrico posto ad un'altezza di 15 cm da terra. Servono per perimetrare gli appezzamenti suscettibili di subìre danneggiamento e possono rappresentare una valida soluzione al problema in contesti spazialmente localizzati (Veronese 1997).
Protezioni meccaniche degli argini, reti metalliche, ingegneria naturalistica (aziende specializzate), siepi campestri, piantumazione degli argini, reintroduzione di predatori autoctoni (canidi, felidi, ciconiformi, lucci, etc) rappresentano altre soluzioni.
Riconoscimento assicurativo dei danni
Possibile riconoscimento assicurativo dei danni (che dovrebbero rientrare nel “rischio di impresa”) come già avviene all’estero, magari su estimi corretti e realistici che, sovente, non trovano riscontro sul campo (Soccini & Ferri 2001).
Osservazioni finali
Il rischio di frane e alluvioni in Italia è elevato in oltre 6.000 comuni. A lanciare l’allarme è il Consiglio Nazionale dei Geologi riunitosi recentemente a Genova. Secondo gli esperti la regione più a rischio è la Toscana che conta ben 280 comuni in aree dissestate, pari al 98% de totale. Tra le regioni più esposte figurano anche la Calabria, l’Umbria, la Valle d’Aosta e le Marche.
Malgrado la quasi totalità dei suoi Comuni sorga in territori a rischio idrogeologico elevato, l’Italia si fa trovare ancora impreparata a gestire piogge torrenziali e torrenti in piena.
Frane, allagamenti, alluvioni: l’Italia è un Paese martoriato dal dissesto idrogeologico. Le aree ad elevata criticità rappresentano il 9,8% della superficie nazionale e riguardano l’89% dei comuni, su cui sorgono 6.250 scuole e 550 ospedali. Il riscaldamento globale – spiegano dal Centro Euro Mediterraneo sui cambiamenti climatici – porterà a un’inevitabile recrudescenza dei fenomeni estremi.
Le regioni hanno stimato un fabbisogno di 40 miliardi di euro per la messa in sicurezza del territorio, cui però il governo nell'ultima Legge di Stabilità ha destinato appena 180 milioni per i prossimi tre anni. Ad aggravare ulteriormente il quadro è il consumo del suolo, aumentato del 156% dal 1956 ad oggi, a fronte di un incremento della popolazione del 24%. Ogni cinque mesi viene cementificata una superficie pari al comune di Napoli, un dato che mette in luce le responsabilità dell'uomo per queste catastrofi, che solo negli ultimi cinquant’anni hanno causato la morte di quattromila persone. Ma, si sa, i governi durano in carica pochi anni, non riescono a vedere a lungo termine.
Anche Legambiente asserisce che iI problema della fragilità del nostro territorio e dell’esposizione al rischio di frane e alluvioni riguarda molte aree della Penisola. In ben 6.633 comuni italiani sono presenti aree a rischio idrogeologico che comportano ogni anno un bilancio economico pesantissimo, intollerabile quando è pagato con la vita. E' evidente l’assoluta necessità di maggiori investimenti in termini di prevenzione, attraverso cui affermare una nuova cultura dell’impiego del suolo che metta al primo posto la sicurezza della collettività e ponga fine da un lato a usi speculativi e abusivi del territorio, dall’altro al suo completo abbandono.
Riassumendo, in un contesto in cui sono sempre più evidenti gli effetti dei cambiamenti climatici in atto, che comportano fenomeni meteorologici estremi caratterizzati da piogge intense concentrate in periodi di tempo sempre più brevi, la gestione irrazionale del territorio porta a conseguenze disastrose.
Concludendo, per il controllo numerico della nutria, considerato che la legge 221/2015 è in vigore dal 1 gennaio 2016, prima di emettere ordinanze di abbattimento regionali o provinciali, ci aspettiamo che i metodi ecologici di cui all’art. 19 della legge 157/92 vengano applicati stabilendone nella realtà l'efficacia o inefficacia.
Non è giusto che siano gli animali a pagare con la vita gli errori degli uomini ed è importante che ognuno possa prendere coscienza di questo in modo da optare per soluzioni eticamente e scientificamente efficaci e biocompatibili. E' importante che ognuno possa prendere coscienza di questo in modo da optare per soluzioni eticamente e scientificamente efficaci e biocompatibili.
Verrà il tempo in cui
anche l'uccisione di un solo animale
sarà considerato un grave delitto.
Leonardo da Vinci.
Firenze, aprile 2016
Mariangela Corrieri