COLONIE FELINE - Aprile 2012
1. Censimento e riconoscimento della colonia felina da parte del comune.
2. Controllo delle nascite tramite sterilizzazione chirurgica a carico del comune e della ASL.
3. Il maltrattamento degli animali di affezione (cani e gatti) è punito anche con il carcere.
La Legge 281/1991 stabilisce:
art. 2 comma 1 “Il controllo della popolazione dei cani e dei gatti mediante la limitazione delle nascite viene effettuata presso i servizi veterinari delle unità sanitarie locali”
art. 2 comma 7 “E’ vietato a chiunque maltrattare i gatti che vivono in libertà;
art. 2 comma 8 “I gatti che vivono in libertà sono sterilizzati dall’autorità sanitaria competente per territorio e riammessi nel loro gruppo;
art. 2 comma 10 “Gli enti e le associazioni protezioniste possono, d’intesa con le unità sanitarie locali avere in gestione le colonie di gatti che vivono in libertà, assicurandone la cura della salute e le condizioni di sopravvivenza”.
• Legge 14 agosto 1991 n.281, Legge quadro in materia di animali di affezione e prevenzione del randagismo. Pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale 30 agosto 1991, n.203.
Articolo 4 comma 1 sostituito dall’articolo 1 comma 829 della Legge 27 dicembre 2006, n. 296 e dai commi 370 e 371 dell’articolo 2 della Legge 24 Dicembre 2007, n. 244 Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (GU n. 300 del 28-12-2007 - Suppl. Ordinario n.285).
"1. I comuni, singoli o associati, e le comunita' montane provvedono prioritariamente ad attuare piani di controllo delle nascite attraverso la sterilizzazione. A tali piani e' destinata una quota non inferiore al 60 per cento delle risorse di cui all'articolo 3, comma 6. I comuni provvedono, altresi', al risanamento dei canili comunali esistenti e costruiscono rifugi per i cani, nel rispetto dei criteri stabiliti con legge regionale e avvalendosi delle risorse di cui all'articolo 3, comma 6".
Tali Piani si devono aggiungere a quelli analoghi predisposti da ogni Servizio veterinario Asl di cui all’articolo 2 comma 1 della Legge 281-91, ciascuno dei quali finanziato con proprie. risorse.
Istituzione dell’obbligo per i Comuni, singoli o associati, e le Comunità montane, di gestire i canili e gattili sanitari direttamente o tramite convenzioni con le associazioni animaliste e zoofile o con soggetti privati che garantiscano la presenza nella struttura di volontari delle associazioni animaliste e zoofile preposti alla gestione delle adozioni e degli affidamenti dei cani e dei gatti.
Legge finanziaria
Richiamata la finanziaria 2007, art 1 comma 829 della legge 27 dicembre 2006, n. 296, così modificato dalla legge 24 dicembre 2007 n. 244 art. 2 comma 370, ha così sostituito l’art. 4 della legge n. 281/1991: “I comuni singoli o associati e le comunità montane provvederanno prioritariamente ad attuare piani di controllo delle nascite attraverso la sterilizzazione. A tali piani è destinata una quota non inferiore al 60% delle risorse di cui all’art. 3, comma 6. I comuni provvedono altresì al risanamento dei canili comunali esistenti e costruiscono rifugi per i cani, nel rispetto dei criteri stabiliti con legge regionale e avvalendosi delle risorse di cui all’articolo 3, comma 6” Tali piani si devono aggiungere a quelli analoghi predisposti da ogni servizio veterinario Asl di cui all’art. 2 comma 1 della legge 281/1991, ciascuno dei quali finanziato con proprie risorse.
A seguito del comportamento di una ASL che, non interpretando correttamente la modifica introdotta con la Legge Finanziaria, aveva di fatto sospeso le sterilizzazioni poichè riteneva - sbagliando - che l'attività da quel momento fosse demandata ai Comuni, il Ministero della Salute alla ha emesso una nota esplicativa in data 6 marzo 2008 circa la corretta applicazione dell'art. 2 comma 1 della legge 281/91 così come modificata dalla legge finanziaria 2007. Nella nota il Ministero precisa come i Servizi Veterinari Asl debbano continuare a eseguire le sterilizzazioni previste per legge (la nazionale 281/91 art. 2 comma 1 e la relativa regionale di attuazione) a prescindere dai piani che i Comuni devono approntare e realizzare avvalendosi "sia dei Servizi veterinari pubblici che di Veterinari liberi professionisti appositamente convenzionati". Il documento infine precisa che i Piani di controllo delle nascite predisposti dai Comuni, i quali a tal fine, così come le ASL, possono avvalersi tanto dei Servizi veterinari pubblici quanto dei Veterinari liberi professionisti appositamente convenzionati, "si devono aggiungere a quelli analoghi predisposti da ogni Servizio veterinario Asl (Art. 2 della legge 281/91), ciascuno dei quali finanziato con proprie risorse".
Prot. 0003850-P del 6/3/2008 Ministero della Salute
Chiarimento sulla corretta applicazione della legge 281/1991 come modificata dalla legge finanziaria 2007: I comuni e gli altri enti a cui la legge fa riferimento provvedono ad attuare piani di controllo delle nascite attraverso la sterilizzazione e a tale scopo possono avvalersi sia dei Servizi Veterinari Pubblici che di Veterinari liberi professionisti appositamente convenzionati”.
Il TAR del Veneto ha stabilito che allontanare un gatto, animale a cui è riconosciuto lo status di animale libero, dal proprio habitat è configurabile come un vero e proprio maltrattamento punito dal C.P. ed ha emesso una sentenza sull’intoccabilità dei gatti: i gatti randagi che vanno in giro per la città “non possono essere catturati” anche se a ordinarlo è il servizio veterinario della USL “in considerazione della natura di tali animali essenzialmente liberi”
Il Pretore di Siracusa ha riconosciuto con una importante sentenza che dare da mangiare ai gatti randagi “non costituisce pericolo per la salute pubblica”: cibare gli animali randagi non solo ”non è vietato ma è da considerarsi un atto di civiltà”.
Il Consiglio di Stato (sez. III-adunanza 16/09/1997) con la sentenza n. 833 stabilisce l’illegittimità del divieto di somministrazione cibo ai gatti liberi.
Sentenza 20/12/2002 n. 43230 (e altre sentenze di pretori, tribunali e della Corte di Cassazione ribadiscono come maltrattamento significa anche la privazione del cibo sufficiente). Maltrattamento, secondo le varie sentenze, è anche lo spostamento che rappresenta una situazione di grande stress per un animale fortemente territoriale come il gatto, trasferire la colonia rende altissima la possibilità che i componenti si disperdano, i gatti sottratti al loro habitat fanno una fatica infinita per adattarsi alla nuova situazione, li espone a sofferenze di carattere ambientale, comportamentale ed etologico.
La L.R. toscana 59/2009
art. 34 comma 3 “I comuni provvedono al controllo della crescita della popolazione felina, con interventi di cattura e reimmissione a cura dei soggetti individuati dall’articolo 32 comma 8, ed interventi chirurgici di sterilizzazione effettuati dalle aziende USL, con oneri a carico delle aziende stesse” e, infine;
art. 34 comma 5 “Le colonie feline possono essere spostate dalla zona abitualmente frequentata ad altra zona preventivamente individuata solo per gravi necessità delle colonie stesse. Lo spostamento è autorizzato dal sindaco previo parere dell’azienda USL competente e sentita, nel caso di cui al comma 4, l’associazione incaricata della tutela e cura della colonia. Qualora lo spostamento sia dovuto ad opere edilizie, l’inizio delle opere è subordinato all’autorizzazione del sindaco allo spostamento della colonia.”
La legge 189/2004
L’art. 544 ter c.p. (maltrattamento di animali) statuisce che “Chiunque, per crudeltà o senza necessità, cagiona una lesione ad un animale ovvero lo sottopone a sevizie o a comportamenti o a fatiche o a lavori insopportabili per le sue caratteristiche etologiche è punito con la reclusione da tre mesi a un anno o con la multa da 3.000 a 15.000 euro”.
Secondo la costante ed unanime giurisprudenza, la condotta concretante il maltrattamento non deve necessariamente esprime un sotteso truce compiacimento di infierire sull’animale né si richiede che da tale condotta siano scaturite lesioni alla sua integrità fisica. “A consumare la previsione incriminatrice è cioè sufficiente la volontaria inflazione di inutili sofferenze, privazioni, paure od altri ingiustificati patimenti, comportamenti che offendono la sensibilità psicofisica dell’animale, quale autonomo essere vivente, capace di reagire agli stimoli del dolore, come alle attenzioni amorevoli dell’uomo, e che non possono andare esenti da sanzione. Alla loro origine non sempre si situa un atteggiamento di perversione o di abietto compiacimento, ma assai più frequentemente insensibilità ed indifferenza, ovvero incapacità di esprimersi e di rapportarsi in termini di pietà, di mitezza e di attenzione verso il mondo animale e le sue leggi biologiche, piuttosto che in termini di abuso, incuria e abbandono, pratiche decisamente estranee al costume civile, suscettibili anzi di promuovere pericolose involuzioni, abituando l’uomo all’indifferenza per il dolore altrui” (Cassazione Penale – Sezione III – Sentenza del 20 dicembre 2002 n. 43230 – Pres. Postiglione – Est. Vitalone);
Secondo la giurisprudenza l’art. 727 prendendo in considerazione il concetto ampio di “maltrattamento”, non punisce soltanto gli atti di sevizie, torture, crudeltà, caratterizzanti il dolo ma anche quei comportamenti colposi di abbandono e incuria, che offendono la sensibilità psico-fisica degli animali, quali autonomi esseri viventi, capaci di reagire agli stimoli del dolore, come alle attenzioni amorevoli dell’uomo. Gli animali devono essere tenuti nel rispetto delle leggi naturali e biologiche, assicurando che intorno ad essi sussistano condizioni che non superino determinati limiti o soglie del dolore. Di conseguenza la carenza di cibo, la bassa temperatura (…) possono costituire comportamenti di vero maltrattamento, sanzionato penalmente. (Cass. pen.Sez. III – Ord. N. 1776 – Ud. 22/10/92 in c.c. Pres. Papillo – Est. Postigione)
Secondo la giurisprudenza il reato di maltrattamento di animali può commettersi sia mediante azione (come il più delle volte avviene) sia mediante omissione (es. lasciando patire la fame e la sete agli animali). (Cass. pen. Sez. IV sent. 10820 del 18/11/75 – Pres. Leone)
Secondo la giurisprudenza la privazione del cibo sufficiente per una dignitosa condizione fisica (…) produce nell’animale gravi sofferenze (tribunale di Bassano del Grappa, Sent. n. 147/06 del 08/05/06 Est. Andreazza)
Secondo la giurisprudenza gli animali, in quanto innegabilmente sono esseri viventi dotati di sensibilità psico-fisica, reagiscono a tutte le modifiche che si verificano attorno a loro (contatti, temperatura, odori, suoni, luci,stress, eccitazione, trattamento) positivamente entro certi limiti fisiologici. Se questi limiti (soglia) vengono superati, l’animale prova dolore e quindi reagisce in vario modo. Il maltrattamento-dolore è quindi una violazione delle leggi naturali o biologiche, fisiche e psichiche di cui l’animale è portatore. Le categorie di maltrattamenti e sevizie possono essere fisiche (violenza gratuita di ogni tipo, occasionale o abitudinaria, fame e sete (…). Pretore di Amelia 7 ottobre 1987, est. Santoloci.
Sul fronte oggettivo, l’evento tipizzato nell’art. 544 ter c.p. consiste nel “cagionare” una lesione ai danni dell’animale che, si ritiene debba essere, in conformità con il consolidato indirizzo della Suprema Corte (sent. N. 1215/1999, n. 46291/2003, n. 2774/2006) non confinato alle sole lesioni dell’integrità fisica, ma riconducibile a sofferenze di carattere ambientale, comportamentale, etologico o logistico, comunque capaci di produrre nocumento agli animali in quanto esseri senzienti.
E’ pertanto evidente, nel caso di specie, come porre il divieto di somministrazione di cibo ai gatti si configuri come maltrattamento e violazione della normativa citata.
Tribunale di Milano, sentenza n. 23693 del 30/09/2009
In sede di motivazione il Giudice di merito evidenzia alcuni principi fondamentali a tutela degli animali randagi:
la Legge 281/91 sancisce la territorialità delle colonie feline quale caratteristica etologica del gatto, riconoscendo loro la necessità di avere un riferimento territoriale;
Il legislatore ha ritenuto che i gatti, animali sociali che si muovono liberamente su un determinato territorio radunandosi in “colonie feline”, pur vivendo in libertà, sono stanziali e frequentano abitualmente lo stesso luogo pubblico o privato, creandosi così un loro “habitat” ovvero quel territorio o porzione di esso, pubblico privato, urbano e non, edificato e non, nel quale vivono stabilmente;
Nessuna norma di legge, né statale né regionale, proibisce di alimentare gatti randagi nel loro habitat cioè nei luoghi pubblici e privati in cui trovano rifugio. Secondo detta normativa i gatti che stazionano e/o vengono alimentati nelle zone condominiali non possono essere allontanati o catturati per nessun motivo, a meno che non si tratti di interventi sanitari o di soccorso motivati.