italia non profit
Vai ai contenuti



Articoli per la rivista Italia Uomo Ambiente di Pronatura Firenze

Da agosto 2018 Gabbie Vuote collabora con la Rivista Italia Uomo Ambiente di Pronatura Firenze

img

La Maremma e i cani dei cinghialai


La legge 281 del 14 agosto 1991 chiama i cani "animali d'affezione". Non li distingue in categorie: cani da caccia, cani da compagnia, cani da guardia, ecc.
Ma i cani dei cacciatori di cinghiali non sono animali d'affezione, sono soltanto e semplicemente strumenti.
Strumenti per uccidere come i fucili, le battute e l'organizzazione di una squadra di caccia. In quanto strumenti e non esseri viventi, il rispetto è una categoria a loro non dovuta.
Le leggi di tutela, nazionali, regionali, comunali, non vengono applicate per i cani dei cinghialai.
Il maltrattamento è diffuso, standardizzato, sclerotizzato al punto che questi cani nessuno li vede, sono invisibili o, meglio, tutti li vedono ma come parte inamovibile del paesaggio.
Per questo motivo non può essere considerato il caso singolo ma tutto il sistema.

Estate
In Maremma, ovunque ci si muova, si faccia una passeggiata, si passi in macchina, ai bordi dei paesi, alle periferie delle città, in mezzo ai campi, nelle pinete e nella macchia, isolate, nascoste, si incontrano baracche di legno putrido e lamiere, protette da cancelli, circondate da reti, oscurate da teli verdi, inaccessibili alla vista se non fosse per le fessure e gli squarci.
In ognuno di questi canili abusivi, che sono centinaia e centinaia, vengono rinchiusi cinque, dieci e anche più cani, soprattutto piccoli seguci, spinoncini e meticci di questi.
Sono i cani dei cinghialai, allevati e utilizzati per la caccia al cinghiale.
Cani lasciati soli, prigionieri di gabbie di un metro e mezzo per due con tre o quattro animali, costretti al letargo forzato tutto il giorno e tutti i giorni per l'intero periodo di chiusura della caccia. Ci sono cani rinchiusi in box completamente al buio, come murati vivi.
Il sole crea temperature insopportabili d'estate e i cani non hanno difesa neppure all'ombra delle basse, spesso inconsistenti tettoie dove il calore ristagna a causa delle lamiere da cui sono circondati. A volte la tettoia è tanto piccola e trasparente da permettere un'ombra illusoria.
Ma ci sono cani che non hanno neppure questa protezione e sono sottoposti al sole diretto perchè legati a catena fissa, corta poco più di un metro, la quale consente loro soltanto di saltare dal tetto della cuccia fino a terra e viceversa. Questi cani sono costretti a cercare un'impossibile sollievo stringendosi alla parte in ombra della loro cuccia o scavando una buca, profonda al massimo quindici centimetri, sotto di essa.
Le cucce sono ripari rudimentali di legno marcio e infetto, bidoni di lamiera, oggetti precari, qualcosa di indefinibile e incompleto. I recinti sono fatiscenti, messi insieme con materiali di ogni tipo, anche lamiere di eternit, senza attenzione per gli spunzoni di ferro che possono ferire (casi di cani dilaniati); le fogne sono inesistenti, gli escrementi e i resti di cibo putrefatto si ammassano sul terreno che non può essere decentemente lavato perchè manca di pendenza, di pavimentazione, di scoli. La derattizzazione viene effettuata senza precauzioni (si notano cumuli di sostanze chimiche ai bordi dei recinti) e i topi avvelenati catturati dai cani possono risultare a loro volta venefici (casi di cani morti).
L'ambiente dove sono ammassati i cani risulta pertanto un luogo igienicamente precario, un pericoloso serbatoio di microbi per gli animali e per l'uomo.
Ma sapendo quanto grande sia il bisogno di bere per i cani, considerando soprattutto le condizioni in cui sono costretti a vivere, colpisce in modo particolare l'assenza dell'acqua e, quando se ne scorga un po' in fondo ai secchi, questa si presenti gialla e putrida.
Sono quasi del tutto assenti i recipienti per il cibo. Pagnotte di pane secco e pezzi di pizza giacciono per terra tra gli escrementi.
Eccezionalmente si distinguono nella polvere resti di crocchette e, ancora più eccezionalmente, pastoni di pane bagnato con avanzi di pomodoro, piselli e bucce di mele.
La cosa che più sconvolge è però la solitudine, la segregazione di questi animali, l'isolamento fisico e psicologico, la mancanza di rapporti e di contatti con l'uomo, la costante inedia, il tedio, la cupa tristezza che si legge nei loro occhi.
Come potrebbe essere altrimenti? Esclusa la caccia invernale, la loro esperienza di vita è unicamente quella catena o i pochi metri di terra sporca.
Il giorno e la notte, il sole e la pioggia cadono inesorabili su quella catena e su quella polvere e la presenza umana limitata al nutrimento (?)  e alla pulizia (?) si consuma in una manciata di minuti neppure tutti i giorni.
Un estraneo che si avvicini ai recinti riscontra all'inizio atteggiamenti aggressivi, denti in mostra, abbaiare furioso, salti contro le reti, a volte schiumare dalla bocca. Ma, man mano che ci si accosta, i cani si ritraggono, quasi fuggono, coda tra le gambe, il loro atteggiamento diviene timido, di soggezione, temono perfino un gesto di carezza. Sono contemporaneamente aggressivi e paurosi e questo suggerisce l'idea che vengano trattati duramente dai proprietari sia per l'addestramento alla caccia, sia per insensibilità e spietatezza.
Stremati dai tanti pasti saltati, dalle tante ferite riportate, dalle tante cucciolate partorite, dalle tante angherie sopportate, questi cani sono il simbolo della barbarie umana riconosciuta come sport e addirittura chiamata arte.
Il concetto di benessere animale, secondo i parametri fisiologici, ecologici ed etologici suggeriti da vari studiosi (Dr. Roberto Marchesini, Dr. Enrico Moriconi veterinari bioetici) per questi cani non soltanto viene ignorato ma arrogantemente sostituito da un attivo,  costante e consolidato maltrattamento.

Inverno
Durante l'attività venatoria i cani sono frequenti vittime di incidenti, spesso anche molto gravi, a volte mortali. Indicativo è il fatto che circa il 70% degli studi veterinari organizza, nel periodo di caccia, turni serali e festivi.
La vita media di un cane da caccia al cinghiale è assai breve, si parla di circa 6 anni.
Questo è da imputare alle numerose ferite che vengono procurate all'animale durante la battuta di caccia e alle carenti o tardive cure che gli vengono prestate.
Va poi considerato che i cani curati negli studi veterinari non sono la totalità, perchè è sempre in auge l'abitudine di "rattoppare" personalmente il proprio animale (sono rivelatrici, fra le altre,  le istruzioni di pronto soccorso suggerite da siti di cacciatori  che consigliano un antidolorifico in gocce da somministrare al cane dopo averlo "trattato" senza anestesia, nonchè le "Operazioni di primo intervento sui cani feriti dai cinghiali" a cura di veterinari accondiscendenti che consigliano, in caso di sfondamento del torace, di "reinserire con delicatezza all'interno i lobi polmonari che si riconoscono perchè di colore rosa, possibilmente utilizzando dei guanti di lattice..." e "la rottura della milza va affrontata per controllare l'emorragia annodando lacci o fili alla base dell'organo...").
Alla fine di ogni cacciata restano sul territorio una miriade di cani sparsi che non sempre è possibile recuperare e che frequentemente capita di trovare sul ciglio della strada, investiti da un'auto. Ma anche per quelli feriti può essere compromessa la salvezza in quanto restano a lungo senza soccorso secondo l'indagine dell'Università di Pisa. Sappiamo che molti animali vecchi, inabili, incapaci, sventrati o mutilati vengono sommariamente soppressi con una fucilata (indicative le dichiarazioni su vari fori di discussione internet).Alcuni animali sono stati trovati impiccati nei boschi.
D'altra parte è sufficiente consultare i siti dei cacciatori per rendersi conto delle grandi qualità umane di cui dispongono. La sequela di espressioni e racconti, viene chiamata sport e finanziata dal Coni a suon di milioni.
I cinghiali vengono uccisi con fucili che sparano proiettili equivalenti, come calibro, a quelli da guerra.
Gli animali alloctoni (importati dai paesi dell'est) pesano fino a 150 kg, che si sono anche ibridati con i maiali procurando una sorta di inquinamento genetico, immessi irresponsabilmente a migliaia dai cacciatori per la loro attività venatoria, hanno sopraffatto il cinghiale autoctono di 70 kg. compatibile con gli habitat nostrani.
Questi cinghiali vengono accusati di determinare situazioni di pericolo per le persone, le opere, le attività agricole e la viabilità stradale (vedi vari articoli dei quotidiani) e perciò si promuovono crociate per la loro uccisione (chiamate eufemisticamente e ipocritamente: prelievi, abbattimenti) anche durante i periodi chiusi alla caccia.
Per queste cacce in deroga vengono utilizzati ancora i cani prolungandone lo sfruttamento.
Per evitare questa caccia in deroga, che aggiunge crudeltà a crudeltà, durante la quale si uccidono scrofe gravide, lattanti, piccoli, indiscriminatamente, si potrebbero attuare interventi incruenti come installare depositi d'acqua vicino alle colture da proteggere, predisporre aree con foraggiamenti dissuasivi, delimitare zone con recinzioni elettrificate, provvedere alla contraccezione ...ma sappiamo bene che il mondo venatorio e i suoi alleati non vuole frenare ma intensificare la mattanza e non è disposto ad accettare metodi di controllo.

Addestramento
Esistono recinti di addestramento in territori boscosi, dove vengono liberati uno o più cinghialini (cuccioli perchè altrimenti "spezzerebbero" i cani) e quindi i cani che, in questo modo, vengono educati a fiutare la preda e a stanarla. Il cinghiale o i cinghiali devono difendersi dai cani dalla mattina alla sera.
I cani che non si dimostrano buoni per la caccia, secondo le conversazioni tra cacciatori vengono soppressi o abbandonati  perchè "se il cane non lavora bene può essere il più dolce e carino di questa terra ma finisce in una buca o in un rifugio; si deve fare così perchè non si può nutrire e tenere tutti i cani brocchi che si  incontrano". Oppure:  " Displasia? Ma che radiografia, se il cane è storpio gli si spara". E anche: "Cacciatori che  uccidono i cani senza pietà magari con una mazzolata in testa per risparmiare la cartuccia o chi spreca la cartuccia portando via mezza testa al suo cane pensando poi di averlo fatto fuori e poi, allontanandosi, se lo ritrova dietro grondante di sangue, senza un occhio e con mezzo naso..."

Questa è la vita dei cani dei cinghialai www.google.it/search...

Firenze, marzo 2020

Mariangela Corrieri
Presidente Gabbie Vuote ODV Firenze






Torna ai contenuti